Caro Capitano

Caro capitano,

scrivo a te, non potendo scrivere singolarmente a ognuno, come mi sarebbe tanto piaciuto fare, ma in fondo è come se lo facessi.

Che sapore ha un sogno che si avvera? In questi mesi quante persone ti hanno fatto questa domanda? Ma forse mai le tue parole sono riuscite a dire del tutto ciò che stai provando e realizzando in questo momento. Che notte è stata la scorsa? Perché, per quanto tu l’abbia potuta,prima, solo sognare e, in queste settimane, anche immaginare, tutte le altre non possono competere con l’unica svegliandosi dalla quale il sogno diventa realtà e si tocca con mano. Che mattina è stata quella odierna? Perché non si contano le vigilie di gare che hai vissuto, ma nessuna colazione e nessun rito ti ha mai accompagnato fino a un taraflex di Superlega, finora. Ci siamo davvero. Non oso immaginare che cosa abbia significato la rifinitura di questa mattina, l’ingresso negli spogliatoi di qualche attimo fa, il piede che calca il campo di questo palas nella prima giornata di questo campionato. In fondo, è come finire dentro il poster che magari avevi in cameretta o dentro la tvdavanti la quale ti sei goduto tante partite di quei giocatori che di colpo divengono tuoi avversari. Un po’ come Mary Poppins quando prende per mano Bert, Jane e Michael e, all’improvviso, riescea entrare nei quadri dipinti per strada: tutto diventa a colori in un mondo non più impossibile da raggiungere.

Certo, a essere onesti, credo che davvero nessuno di noi possa capire realmente il tuo ribollire di sensazioni: la paura che finisca il godimento di quel che si è fatto, il timore che le fatiche cancellino meriti e memorie, le domande sul fatto di esserne davvero all’altezza, l’equilibrio tutto da costruire tra sfrontatezza e rispetto, la polvere dei lavori in corso per una nuova amalgama da creare, gli sguardi addosso di un territorio intero. Tremeranno le gambe, ne siamo sicuri, e ci stupiremmo del contrario. Ma poi, innescato da una scintilla, ti auguriamo che inizi il ballo. Un po’ come capita a Mary Poppins, Bert, Jane e Michael, che, una volta avvenuto il miracolo, “iniziano a danzarlo”, con lo spirito dei bimbi che hanno ricevuto un dono inatteso e quello dei saggi che devono esserne responsabili, ma anche un pizzico di sana follia, che permette di vivere ciò che spaventerebbe il resto del mondo.

Grazie, perché oggi, dentro quel quadro, con te, finiamo anche noi. Ma sappi che questo grazie ci sarà sempre, ogni volta che, al termine di questi ventidue quadri, uscirete: ci troverete sempre lì, pronti a ringraziarvi comunque, ad accompagnarvi fino al prossimo, indipendentemente da tutto. E nessuna pioggia potrà cancellarli. Allora forza, come dicono Jane e Michael, andiamo a vedere questa fiera dietro la collina, tanto attesa. E meritiamocela.

Luca Alici