Diario di Bordo: tappa n. 26

La ventiseiesima tappa del Diario di Bordo vede oggi salire “in navicella” Gabrio Piozzi, scoutman della nostra Serie A2; un ragazzo di grandissima esperienza che nel tempo ha ricoperto anche il ruolo di giocatore e di allenatore. Gabrio, oltre a raccontarci le sue esperienze, ci svelerà come è vedere il volley dal punto di vista dei dati, delle statistiche, delle percentuali … elementi fondamentali per raggiungere determinati obiettivi non solo in Serie A. Possiamo perciò definirlo un vero e proprio “Guru” dei numeri; siete pronti a leggere ciò che ha da raccontarci? Ed allora … Three, two, one… ignition!


Gabrio, la parola al “Guru” dei numeri


Caro diario,

ho iniziato a giocare a pallavolo in 3° media; sono stato sempre a Montegiorgio e lì ho disputato i campionati dal giovanile fino alla Serie C. Purtroppo a causa di un infortunio, distacco della retina, a 19 anni ho dovuto smettere; non che fossi un atleta di grande prospettiva ma interrompere così dall’oggi al domani non è stato facile da superare anche perché non mi hanno mai ridato l’idoneità per ritornare in campo ma parliamo di una cosa di ormai 20 anni fa. Poi, alcune stagioni dopo, seguendo all’epoca la mia fidanzata, ad oggi moglie, che giocava a Loro Piceno in Serie C, mi hanno dato la possibilità di iniziare a dare una mano durante gli allenamenti ed in partita muovendo i primi passi scoutizzando su un pezzo di carta. Da lì ho fatto il percorso da allenatore come allievo, primo e secondo grado: sono stato 5 anni a Loro Piceno come secondo, poi un anno in B1 con Mimmo Chiovini a Torre San Patrizio, sempre come secondo, e successivamente, nel 2012-2013, sono tornato a Loro Piceno come primo allenatore vincendo i Playoff per la B2 rimanendo lì anche la stagione dopo. In seguito c’è stata la decisione di lasciare per un po’ il campo e godermi il piccolo in arrivo finché non c’è stata la chiamata da parte di Massi e Rossano: all’epoca erano in B1 e volevano fare il salto in A2 ed allora ho iniziato così la collaborazione con Grotta; da quel momento sono passate 7 stagioni e mi occupo molto meno del campo ma molto di più dello studio e della preparazione della gara.
Nel corso di questi anni ho fatto il doppio passaggio: da scout ad allenatore e poi di nuovo scout. Sicuramente ogni avventura ti permette di comprendere sempre nuove cose diverse: da scoutman approfondisci di più andando a sviscerare i dati e provando a sperimentare analizzando delle situazioni o impostando dei parametri da monitorare per creare un “modello prestativo” del campionato che stai affrontando ma non sempre ciò che si è pensato poi è valido quindi occorre dedicarci del tempo e fare esperienza.
Da secondo allenatore magari hai bisogno di avere e di poter controllare dei dati live più specifici per aiutare i ragazzi in campo; da primo allenatore, invece, lavori ad un livello più alto, non scendi troppo nel dettaglio, ti basi su dei macro-numeri da trasmettere agli atleti individuando 2 o al massimo 3 nozioni per ogni gruppo di centrali, schiacciatori, palleggiatori ed opposti.
Da quando ho iniziato nel 2006, dove dividevo troppo i dati e le situazioni, adesso parto da un livello di aggregazione del numero più ampio poi, se è il caso, si approfondisce.
Cambiando, in parte, discorso credo che la pallavolo maschile e femminile nel tempo non siano variate molto; sono mutati solo due aspetti: il modo in cui ci si approccia ai dati e il livello tecnico dei giocatori e delle giocatrici. Nel femminile il gioco si è velocizzato e sono apparse le prime battute salto spin, almeno ad alto livello; nel basso livello (regionale/provinciale), rispetto agli anni in cui allenavo, sto vedendo poco ricambio generazionale di buona qualità tecnica ed ecco perché penso che il lavoro che sta facendo la M&G col settore femminile sia molto importante: abbiamo delle annate ancora giovani, Under 13 e 14, con elementi interessanti sia dal punto di vista fisico che tecnico. Anche per la parte maschile la M&G nel giovanile ha fatto e sta facendo davvero molto, basti pensare a Vecchi, Romagnoli, Pison, Leli, Romiti e molti altri…
In A2, pur essendo cambiati gli attori, anche nelle altre squadre i numeri sono rimasti fedeli al modello prestativo degli ultimi 5 anni; quello che ho notato è una ricerca di maggior velocità nelle combinazioni, di maggior velocità dei palloni al servizio (sia per la float che la spin) e una tendenza ad avere giocatori con diversi centimetri, in altezza, in tutti i ruoli: questo perché è quello che chiede la Superlega quindi, di riflesso, anche l’A2.


Sicuramente il ruolo di scoutman non è una cosa da Serie A: credo ci sia bisogno di allenatori e non che ricoprano questo ruolo, che ci siano corsi federali perché, anche se io cerco di farla semplice, per arrivare ad avere queste nozioni sono passati 7 lunghi anni, migliaia di ore davanti al pc ad analizzare gare, a trovare il modo di rilevare e riconoscere certi parametri utili a migliorare le fasi della squadra ma anche per definire gli obiettivi per singolo giocatore e ruolo.
La federazione insegna, dal corso di allievo allenatore, ad utilizzare “keywords” con la squadra, a dover dare il giusto obiettivo per qualsiasi esercizio che si decide di far fare al proprio gruppo durante l’allenamento ma quanti tecnici sanno con certezza il modello prestativo con cui devono far allenare la propria squadra, quali sono gli aspetti da curare di più per quel campionato, quanti errori si possono accettare in un esercizio? Tutto questo senza scordare la tecnica che deve esser il pilastro fondamentale da cui partire, ovviamente.
Visto che non ho tempo di calcare i campi di volley allora ci giro intorno cercando di cogliere, di trovare il modo di far dire ai numeri cosa guardare con attenzione ciò che un occhio anche allenato magari non riesce a vedere: i dati, le percentuali ci permettono di creare quello che viene definito il modello prestativo, ossia ci danno la possibilità di identificare dei KPI di squadra o dei singoli o per fondamentale che delineano il confine tra la vittoria e la sconfitta, “tra il vivere e morire” cit.
Traduco meglio: KPI è un indicatore chiave di prestazione (KPI – Key Performance Indicators), un valore misurabile che dimostra l’efficacia con cui un’azienda sta raggiungendo l’obiettivo prefissato. Sulla base di questi KPI poi si valutano, appunto, prestazioni, andamenti negli archi temporali o si possono costruire squadre; “lo scopo non deve essere comprare giocatori: lo scopo deve essere comprare vittorie” cit. Billy Beane (L’arte di vincere).
In realtà ci sono dei valori di soglia come media punti ed errori: tali dati vanno contestualizzati ed approfonditi e questo è il lato più calmo e riflessivo dei numeri; poi c’è il lato più istintivo e godurioso che ti fa saltare in piedi dalla sedia come ad esempio quando il centrale di turno ti fa un opzione a sangue e fa muro tetto sull’1 contro 1 ed ecco quindi che scopri una situazione e la comunichi ai ragazzi.
Qualcuno mi ha definito “Guru dei numeri”: mi sembra troppo, ma ci stiamo lavorando ihih; sicuramente non si finisce mai di imparare!

Gabrio